Anche senza ricorrere alla magia del digitale,
la fotografia si risolve spesso in una grande bugia,
è nella sua natura…
certe volte invece, una piccola bugia digitale
ti permette la semplice verità, l’autenticità di quel che racconti.
Mi è successo lavorando alla case history Cavotec Specimas,
azienda che ha compiuto 50 anni, con 140 persone che ci lavorano.
Per l’occasione si pubblicherà un libro, un’edizione importante,
e così mi dico: non è advertising, non è una brochure effimera,
è memoria aziendale, di persone, collettiva, duratura.
E dunque niente effetti speciali, ma la ricerca del vero,
la testimonianza di un’epoca in un ambiente di lavoro,
un gruppo di persone, i loro volti, le loro espressioni.
Appena arrivo, ecco il fatto: manca una persona,
dovrà essere inserita in seguito, in post-produzione.
Una magia, e una bugia, in tutta la sua Gravity,
e penso al film con Clooney e la Bullock girato in tempi separati.
Guardo le persone, i 139 volti che ho davanti,
non è facile mettersi in posa, e impersonare sé stessi,
ma come gestire questo sforzo è il mio mestiere, coraggio,
poco alla volta si crea familiarità, si vincono le ritrosie,
c’è pazienza, disponibilità, partecipazione, collaborazione.
Terminato il lavoro guardo i risultati, gli scatti,
e capisco cosa mi è successo, come ho lavorato:
è proprio la pecorella smarrita
quella che ti costringe a guardare meglio il gruppo,
e a riconoscere i singoli che lo costituiscono..

Il Dietro le quinte…

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