IL NOSTRO ARCHIVIO ANALOGICO

Trascorrere qualche ora all’Hangar Bicocca mi rasserena.
Entro di prima mattina. L’architettura, il verde e il silenzio mi conducono in una dimensione estraniante, prima ancora di accedere alle esposizioni.
Questa volta insieme a Emma ho visto La mostra di Trisha Baga – The eye, the eye and the ear
Ceramiche, installazioni video e dipinti composti utilizzando il sesamo.

La partecipazione fisica con le opere è consentita se non addirittura stimolata.
Non le puoi toccare, assolutamente no, ma ne puoi far parte grazie all’illuminazione e la proiezione.
Oserei definirlo un gioco, a cui molti probabilmente si prestano, io compreso, un ego/selfie da portare nella memoria dello smartphone.
Il mio profilo segna l’opera, la oscura parzialmente, mentre la osservo.
Trascorrere due tre ore all’interno, accentua lo stato di straniamento iniziale che come sottolinea la Treccani avviene “…attraverso un effetto di sconvolgimento della percezione abituale della realtà, al fine di rivelarne aspetti nuovi o inconsueti…” che l’artista e il curatore inducono nel visitatore.

Quando esco mi sento una persona diversa, avverto uno stato di sfasamento temporale, una capacità percettiva differente e accentuata.
Sono capace di fermarmi ad osservare per qualche minuto i fili d’erba mossi dalla brezza nel silenzio disturbato da qualche clacson in lontananza che mi richiama i suoni della mostra.
Poi lentamente riprendo la via di casa e comincio a riflettere e discutere con Emma di quanto abbiamo visto, mentre lo stato di estraniamento lentamente si assopisce.
Ma non sparisce nel nulla, il mio corpo e la mia mente lo hanno registrato e si aggiunge all’archivio analogico di una vita.

 

Trisha Baga in mostra all'Hangar Bicocca