Di restauratori ne ho conosciuti e parecchi
ho iniziato fotografando pale d’altare, affreschi.
Tre i momenti sacri della documentazione, un rituale:
il prima, il durante ( il tassello di pulitura, ne abbiamo già parlato, vi ricordate) il finale: la rinascita dell”opera d’arte. Per i restauratori si tratta di un nuovo parto
Li raggiungevo nelle chiese in pieno inverno, nei conventi,
suore, frati, parroci, poca preghiera, parecchio freddo, umido.
I restauratori, un po’ come tutti coloro che passano ore ed ore in solitudine, o in compagnia del solo assistente,
diventano duri, spigolosi, oserei dire invidiosi, non si sopportano l’un l’altro, è un ambientino “poco raccomandabile”.
Alberto l’ho conosciuto tardi, quando la fotografia di restauro per me era acqua passata e forse mi ha mostrato un altro volto del restauratore.
Alberto è leggero, non per questo superficiale, anzi pieno di passione, entusiasmo, amore per la vita e per il suo lavoro.
Viaggia, e questo non è da sottovalutare, il viaggio fisico o della letteratura apre la mente.
Ha uno sguardo severo, ma poco dopo sorride, ride, scherza, forse è un segno della timidezza di lontana gioventù.
Ha grande rispetto per l’interlocutore di turno, ma se non gli piaci non parla male di te, se ne frega, ti ignora, non meriti tempo.
Quando parla del suo lavoro si illumina, soffre, si incavola.
Nella pittura il pentimento è un ripensamento in corso d’opera, che un artista mette in atto, mascherando la versione precedente che non ritiene soddisfacente.
E i restauratori scoprono i pentimenti degli artisti lavorando sulla tela
Il pentimento di Alberto rispetto al suo lavoro riguarda la burocrazia. Non ha mai amato le restrizioni
Ma non può che pensar bene per il futuro.