La sensazione della primavera a New York, per chi viene dall’Europa,
e si ritrova proiettato dallo human fluxus della metro al cospetto dei grandi skycrapers
(che sembrano diaframmi celesti, pareti che riflettono nuvole)
è qualcosa di simile al ritmo sincopato del jazz o del blues,
un colpo al cuore, e una stilettata nel cervello,
cioè un passaggio continuo dalla blue note malinconica del paesaggio urbano
allo swing andante con brio di persone, mezzi, luci, suoni e messaggi;
una sorta di doppio canone, di intreccio tra l’energia statica dell’architettura verticale
e l’ansia dinamica della natura umana newyorchese:
mai come a New York vive il vecchio dogma di Mc Luhan “il mezzo è il messaggio”
la fotografia è la linea armonica, il basso, la batteria,
il cinema è la linea melodica, la chitarra, la tromba,
con l’intenzione di esprimere quanto ho vissuto (inconsciamente, e solo in seguito,
guardando il materiale, in modo consapevole)
cioè questa natura prettamente semiotica del testo New York,
ho realizzato una selezione di immagini silenziose, ferme
e un breve remake di immagini sonore, in movimento, omaggio a un vecchio
maestro, che certo riconoscerete.
vs